In letteratura – molto freddamente – viene definita “morte perinatale” la perdita di un figlio che accade tra la 27° settimana di gravidanza e nei primi 7 giorni di vita extrauterina dopo il parto.

Il lutto perinatale presenta tutti i tratti drammatici e gli aspetti dell’elaborazione del lutto, con in più il fatto che risulta essere spesso inaspettato o improvviso – la situazione spesso “sfugge” e precipita nel giro di poche settimane o anche meno – rimanendo un fatto inspiegabile, spesso non debitamente riconosciuto e considerato a livello familiare e ancor meno dalla società.
La morte perinatale di un bambino nonché lo stato traumatico di lutto che ne consegue, li si possono estendere anche alle situazioni di:
- Aborto spontaneo
- Morte endouterina di uno dei gemelli
La perdita di un bambino nascente è particolare e differente rispetto alla sofferenza legata ad altre forme di lutto, per diversi altri motivi ancora.
La persona – la madre – consciamente e inconsciamente impatta con la nascita e la morte che avvengono allo stesso tempo, ravvicinato, quando di per sé, tanto il primo evento – in bene – quanto la situazione di perdita – in male – sarebbe già ciascuno un fatto della vita del genitore rilevante e destabilizzante.
Queste situazioni cambiano le carte in tavola nell’esistenza delle donne e degli uomini e – nel caso della morte perinatale – li espongono spesso al dolore in una solitudine eccessiva, nella non sufficiente comprensione intima tanto di se stessi, quanto da parte altrui, nella non adeguata accoglienza anche sociale.
Nella perdita perinatale si vivono più sfaccettature del lutto, che posso essere legate ad una:
- Perdita fisica: la morte biologica del proprio bambino
- Perdita nell’immaginario: la morte di una persona reale – il bambino – porta nel buio le sane proiezioni dei genitori verso il figlio, lasciando chi rimane nell’angoscia, rabbia e nell’insensatezza dell’accaduto
- Perdita delle potenzialità e del futuro: la madre principalmente – ma anche il padre – rimane priva della concreta possibilità di vivere una vita accanto alla persona del figlio
- Perdita simbolica: la distruzione delle certezze e della capacità di controllo sulla realtà, da parte soprattutto della madre, e della medicina – la scienza – che si è mostrata impotente
A differenza del passato, oggi di fronte alla morte e al lutto perinatale si è meglio compreso il valore della riparazione e dei danni che crea una negazione tout-court di ciò che è stato.
I genitori possono realizzare l’azione che innesca un miglior lavoro del lutto – elaborazione che volenti o nolenti la psiche umana non può ignorare – verso se stessi e verso la vita che, comunque e veramente, è stata presente.
Una riparazione totale – cancellare la morte accaduta – non è possibile.
Un supporto psicologico può aiutare la madre e il padre sì, anche se solo in parte (di fronte all’ineluttabilità della morte), ma è una parte che può essere sufficiente a lenire un dolore altresì ancor più insanabile, permettendo di proseguire meglio nel lutto e così nella quotidianità successiva, personale e familiare.
É essenziale per chi subisce ed è investito dal lutto perinatale riconoscersi come genitore – perché lo si è stato effettivamente – cosa che può far sentire il bambino come una persona che è stata amata e investita di sentimenti e desiderio. Questo passaggio, che ognuno potrà fare come saprà e fin dove vorrà, è essenziale per potersi distaccare dal lutto e mantenere un rapporto emotivo che non fa troppo male, anche rivolto al figlio che non c’è più.
Lo psicologo può aiutare i genitori nel:
- Riconoscere il bambino come vero e proprio figlio
- Sostenere nell’avvio di riti o nel vero e proprio funerale
- Costruire il vissuto e i ricordi, anche attraverso oggetti concreti
- Esprimere il dolore
Per appuntamenti ed informazioni compila il form qui sotto:
Write a Comment